Pomezia e l'inseguimento della Scrofa Bianca

15.04.2014 21:10
Percorrendo Via Pontina, poco distante da Roma, s’incontra POMEZIA.

Cittadina che si mostra agli occhi dei viaggiatori come un agglomerato di case, uffici e fabbriche, dove predomina il colore grigio delle strade e il suono assordante dei clacson di Via Roma.

Il primo pensiero che coglie chiunque passi per Pomezia è di superarla, di andare oltre… Nessuno la  degna di considerazione e l’abbandona lasciandosela alle spalle: c’è chi punta verso il mare di Torvaianica e chi verso la grande città di Roma, nessuno si ferma.

E invece no!!! Pomezia non va ignorata: va scoperta, riconosciuta, sostenuta e apprezzata…

La Storia della nascita di Pomezia è radicata nel Poema Epico dell’ ENEIDE dove il suo protagonista Enea, per volere del fato, ha fondato la storica città di LAVINIUM.

Dopo un lungo viaggio Enea, approdato sulle coste laziali, incontra una scrofa bianca partoriente che, come predetto dagli Dei, insegue per 4400 metri, fino ad arrivare all’attuale “Borgo di Pratica di Mare” , dove la sacrificò fondando la leggendaria città di Lavinium.

Vi suggerirei di iniziare questa esplorazione del patrimonio nascosto di Pomezia, proprio dal borgo di Pratica di mare. Entrateci oltrepassando il maestoso arco che fa da ingresso  e perdetevi nelle strade di questa piccola fortificazione… Immaginate di appartenere ad un ordine sociale del medioevo – magari proprio quello del Principe e dalla Principessa proprietari del “Castello Borghese” che si erige all’interno (risalente al VII secolo d.C. , fatto costruire molto probabilmente dai monaci benedettini).

Passeggiate immaginando un modesto villaggio fatto di case di contadini, stalle e botteghe… Andate al di là delle costruzioni diroccate e abbandonate. Createvi una dimensione parallela dove regna un’umanità sana, pulita, dove si mangiava ciò che si produceva e ci si dava una mano a vicenda. Dove i panni venivano lavati a mano nei vasconi comuni, dove al posto del sapone si usava argilla e cenere e dove non esistevano parcheggi organizzati ma solo spazi verdi per i cavalli. Ritorniamo con la mente al profumo di pane appena sfornato, all’odore dei formaggi appena fatti, alle donne che cantavano mentre sistemavano le loro case e ai fischi emessi dai pastori per richiamare il bestiame all’ordine.

Trattenetevi tutto il tempo che vi occorre per calarvi in questa immaginaria realtà cosi da arrivare a sentire l’importanza di questo luogo…

Seppur poco curato, ancora oggi il Borgo è popolato da alcune famiglie che vi risiedono (secondo l'istat del 2001 contava 17 abitanti).

Le attrattive maggiori della rocca sono tuttavia i numerosi ristoranti che ci sono all’interno. Cliente abituale di queste trattorie fu il regista Sergio Leone, il quale, durante le riprese a Capocotta del film “C’era una volta in America”, era solito venire a mangiare nel Borgo di Pratica di Mare.

Ne rimase cosi innamorato di questo luogo che espresse, prima di morire, la volontà di essere seppellito nel piccolo cimitero sulla collina vicino Pratica di Mare. Inizialmente la salma del regista venne sepolta nel cimitero del Verano - solo successivamente, e non senza resistenze da parte del Sindaco Rutelli, venne trasferito a Pomezia dove oggi riposa.

La Tomba è sorretta da quattro leoni al di sopra dei quali si erge un baldacchino bianco. Particolare è l’iscrizione: “C’era una volta, c’è, ci sarà” -  che ricorda la perenne attualità di Sergio Leone sia quando era in vita, che oggigiorno, che nel futuro.



 

Tra il suddetto cimitero e le pendici della collina dove si erge Pratica di Mare, è presente un piccolo laghetto sfruttato oggi per la pesca sportiva. Trattasi, seppur non essendo riconosciuta la sua importanza, di un monumento geologico di straordinaria importanza che offre un grande valore paesaggistico. Un tempo accoglieva una cava di argilla dove si realizzavano mattoni, cotti nei grandi forni adiacenti al laghetto – oggi abbandonati.


Circa 150 metri prima dal Borgo di Pratica di Mare, troviamo il Museo Archeologico di Pomezia.

Prima della costruzione della piazza principale di Pomezia (P.zza Indipendenza), fungeva da municipio, ma dopo un periodo di inutilizzo, nel 2005 la struttura è diventata l'attuale Museo.

Essa è composta da cinque sale che espongono molti reperti religiosi relativi alla fondazione di Lavinium i quali, prima dell’apertura del museo, erano ospitati in altre strutture o conservati in dei magazzini.

Nonostante io non sia un gran fan dei musei, devo dire che questo è stato concepito in maniera molto moderna, in quanto, oltre i reperti visitabili, utilizza anche dei file multimediali che vengono trasmessi in quasi ogni sala.


Quarto della SOLFARATELLA di Pomezia.

Poco distante dalla stazione di Santa Palomba, percorrendo via della Solfatara, incontriamo Quarto della Solfaratella piccola porzione pometina del Parco di Decima Malafede.

Si narra nell’Eneide che questa Oasi fosse la dimora del Fauno che preannunciò a Latino (Re dei Latini) l’arrivo di Enea e della sua unione con la figlia Lavinia, generando cosi una stirpe eroica e gloriosa.

Oggi la zona è conosciuta dai più anziani come ex –miniera per l’attività di estrazione dello zolfo, mentre i più giovani ne sono a conoscenza perché luogo molto gettonato per gli allenamenti dei Motocrosser.

Su un piano geologico questa riserva è considerata uno dei siti esalativi tra i più importanti d’Italia, per la quale sono state redatte numerosissime pubblicazioni scientifiche.

Gli scavi principali, oggi ricoperti  di acqua, appaiono agli occhi di chi li ammira come piccoli laghi, le cui acque sono di un colore rosso (soprattutto d’estate) generato dalla presenza di ingenti quantità di idrossidi di ferro. L’acqua è in perenne stato di ebollizione causato dall’ intensa attività esalativa di risalita di fluidi vulcanici.

Vi consiglio di fermarvici in un pomeriggio di primavera o autunno per gustare al meglio ciò che questo paesaggio suggestivo trasmette. Passeggiare in questo territorio fa tornare ad uno stato primitivo. Immaginate di essere degli esploratori che mettono per primi piede in una terra sconosciuta. Sarà facile calarvi in questa realtà perchè il parco è quasi sempre deserto. Vi Sembrerà di percorrere un sentiero lunare con vegetazione, ascoltate nel silenzio quasi assoluto la melodia che la natura emana e respirate l’odore costante di zolfo emanato dalle vicine e colorate pozze.

Nella mitologia si narra che, in questo luogo, alcuni adepti venivano a consultare il Fauno nella propria grotta. Questo atto prevedeva una singolare ritualità definita "oniromanzia": coloro che chiedevano un responso dovevano dormire una notte nella grotta sul vello di una pecora sacrificata per tale scopo e come si può intuire, i miasmi sulfurei del lago agivano efficacemente per stimolare i sogni del richiedente che venivano poi usati come risposta ai quesiti posti all'oracolo.

Immergetevi tutto il tempo che desiderate in questo contesto naturale assoluto, quasi divino – usciti dal quale, avrete bisogno di qualche minuto per riscendere sulla vita terrena.


C’erano una volta le Torri

L’idea di costruire Torri difensive lungo tutto il litorale e non solo, è merito dei sovrani dello Stato Pontificio Pio IV e S.Pio V.

Se pensiamo agli attuali nomi delle città presenti sul litorale romano ci rendiamo conto che derivano dalla presenza di Torri che proteggevano la città:  Tor Caldara (Tor delle caldare) - Torvaianica (tor del Vajanico) – Tor San Lorenzo ecc…

Purtroppo ad oggi ne sono rimaste visibili solo alcune, tutte accomunate da una base quasi sempre quadrangolare, con l’altezza che varia da 8 canne e un palmo a 116 palmi e sulla sommità vi è spesso presente la così detta piazza d’armi (termine architettonico di origine antica con cui si definiva la zona posta alla sommità delle Torri, delimitate dal parapetto o dalle caditoie, che percorreva i quattro lati della struttura, all'interno della quale erano presenti le guardie pronte ad intervenire in caso di difesa).

Le torri meglio conservate sono limitrofe alla stazione di Pomezia, così un pomeriggio di inizio primavera, riscaldati da un caldo sole, sono andato ad individuarle:

      Tor Tignosa à Posta su un’altura di via delle Solfatara, che troneggia il Quarto della Solfaratella troviamo Tor Tignosa (domusculta Calvisiana). Essa viene citata per la prima volta in un documento del 1389 come proprietà dei Maddaleni. La sua posizione elevata le permetteva di controllare tutta la valle, in particolare la via Albano-Pratica, e di comunicare con le vedette circostanti.

Purtroppo ad oggi ne rimane solo qualche rudere difficilmente raggiungibile.


 

      Tor Maggiore à Su Via di Tor Maggiore, dietro la stazione di Santa Palomba, troviamo l’omonima Torre (domusculta di S. Edistus) - fatta costruire da Papa Adriano I tra il 772 e il 795 d.C. E’ considerata una tra le più alte della campagna romana (34m) e dominava la vista da Roma al Circeo.

Viene menzionata per la prima volta nel 1334, quando era dei Savelli. Fu degli Altieri e, nel 1458, dei Capodiferro, quindi dei Serlupi nel XVII secolo. La pianta è quadrata, il lato è di 7,10 metri , ed è costruita in tufetti regolari. All'interno, ora non piu ispezionabile, è suddivisa in più piani di cui il primo e l’ultimo sono ricoperti da volte a crociera. La torre presentava due ingressi a livelli diversi ed era circondata da un recinto in muratura comprendente una superficie di quasi 3000 mt quadrati .

Ad oggi non è possibile avvicinarsi in quanto è recintata per l’alto rischio crollo che possiede.


 

La prima cosa che ammirai non appena mi trasferii nella mia attuale casa, oltre il panorama mozzafiato dei Castelli Romani, fu Tor Maggiore che si erige superba tra le campagne adiacenti la mia abitazione.

Mi piace pensare a questa torre come se avesse degli stati d'animo che manifesta a seconda del clima che la circonda... Bello è ammirarla durante le giornate di sole con quell’aria rassicurante di una mamma, mentre spaventosa e minacciosa si mostra durante i temporali invernali.

E’ la Signora delle campagne: bella, imponente e sicura di se. Tutte le mattine, viste le sue condizioni instabili, mi accerto che sia ancora lì, ferma nella sua magnificenza. Col passare del tempo sta diventando un punto di riferimento, qualcosa di famigliare e sono certo che, quando non ci sarà più, sarà per me un grande dolore.



       Torre Fausta à Su Via della Siderurgia, sempre nella pianura pontina, troviamo Torre Fausta. Trattasi probabilmente di una costruzione di inizio del XX secolo, adibita a Torre idraulica. Il suo ruolo era quello di sollevare l’acqua di un pozzo sottostante ad una quota utile per essere immessa  nel circuito idrico. Coloro che fecero erigere la suddetta torre furono i Conti Ticca, i quali incastonarono sull’estremità il loro stemma.


       Tor Cerqueto (nel Casale del Cerqueto) à Menzionata per la prima volta nel 1195, questa Torre deve il suo nome ad una boscaglia che la circondava e che fu distrutta dai monaci di San Paolo, i quali costruirono nel XVI secolo il Casale agricolo tutt’ora visibile. Intorno ad una corte recintata, Tor Cerqueto di origine medievale, si erige con pianta quadrata, alta circa 20 metri con la base sporgente. L’antemurale corrisponde all’attuale casale. Nel XV sec. fu del monastero di San Paolo, poi dei Capizucchi e quindi, nel 1660, delle monache dei SS. Domenico e Sisto. La sua posizione le permetteva di controllare la viabilità per Ardea insieme a Tor Maggiore.

Ancora oggi Cerqueto è una azienda agricola che coltiva vigneti i quali risentono della favorevole concomitanza della brezza marina e del terreno vulcanico assai fertile.

 

 Le origini della Pomezia Moderna

La fondazione dell'attuale Pomezia fu annunciata nel 1936 da Mussolini, con questo appello il duce portava a compimento il suo scopo di bonifica dell'agro pontino e cosi dopo Littoria, Sabaudia, Pontinia e Aprilia nasceva la quinta città che sarebbe dovuta chiamarsi Ausonia, subito modificata in Pomezia.

Il 1 Ottobre 1937 L'opera nazionale combattenti (ONC) - bandì un concorso urbanistico per la realizzazione di questa città. "2PTS" è la sigla degli architetti Petrucci e Tufaroli e degli ingenieri Paolini e Silenzi che lo vinsero. 

Il 25 Aprile del 1938 Il duce poneva la prima pietra per la realizzazione di Pomezia.

La città fu progettata secondo gli stilemi del fascismo avendo come linee guida la semplicità geometrica delle forme, l'uso di materiali di costruzione italiani - con preferenza con quelli esistenti sul posto (il tufo, la pozzolana, la selce, la pomice), escludendo strutture in cemento armato o ferro (perchè i materiali metallici servivano per gli armamenti della prossima guerra).

Il modello urbanistico di Pomezia si ispirava ad un accampamento militare romano (castrum) ed alla società feudale. Tutte le strade principali si incontrano nella Piazza principale della città (oggi Piazza Indipendenza, un tempo Piazza dell'Impero). Qui sorgono il Municipio, la Torre Comunale (riscostruita dopo i bombardamenti della II Guerra Mondiale), l'ex Casa del Fascio, la Chiesa e l'ufficio postale - tutti accomunati da un elemento architettonico ricorrente: l'Arco Romano.

La TORRE - alta 25 metri con una terrezza panoramica da cui si può ammirare tutta la cittadina. E' inglobata nel suo basamento da portici ed ha la funzione di meridiana, poichè ogni suo angolo è orientato secono i punti cardinali. 

Dala Terrazza della Torre Comunale il 29 ottobre 1939 Mussolini pronunciava il suo discorso augurale:

"La battaglia contro la mortifera palude è durata  dieci anni, ma oggi qui possiamo  esaltare la nostra piena e indiscutibile vittoria. Per questa vittoria abbiamo impegnato manipoli di ingenieri, falangi di tecnici, moltitudini di operai, che hanno tracciato strade, scavato canali, costruito case per riporre la vita là dove regnava la morte"

Ritengo che la Torre di P.zza Indipendenza, sia una risorsa per nulla considerata e valorizzata. Solo raramente è stata aperta al pubblico per alcune mostre. Sarebbe invece interessante proporre di realizzarci una sorta di percorso educativo e didattico che, attraverso i livelli della Torre, vada a spigare la nascita di Pomezia - partendo dalla base col mito di Enea, passando per la bonifica del l'epoca fascista, fino ad arrivare alla sommità dove la terrazza panoramica mostra come è divenuta l'attuale cittadina.

             -> Curiosità: Mentre mi documentavo sulla mia città, mi sono ritrovato a leggere la storia della vita dell'architetto Concezio Petrucci, colui che vinse il concorso indetto dall'ONC per la creazione della città di Pomezia. Viene narrato che il Sign Petrucci si innamorò di una giovane ebrea tedesca, Hilde Brat, che scappò dalla Germania nazista lasciando figlio e marito, per sfuggire alla persecuzione razziale.  Quando le condizioni politiche e sociali italiane si eguagliarono a quelle del Reich, Petrucci sposò segretamente e in piene leggi razziali la sua compagna, che presto diede alla luce una figlia. Petrucci, architetto del regime fascista, per tutelare la sua persona e il suo lavoro, dovette nascondere la vera identità della moglie facendola passare come governante della sua bambina. Nel frattempo, Il figlio della Sig.ra Brat lasciato in Germania, moriva in un campo di concentramento, mentre in Italia all'archidetto Petrucci veniva commissionata la proggettazione del Padiglione della Razza (EUR), così da accogliere la mostra che avrebbe dimostrato la "bonifica umana", cioè l'eliminazione fisica di milioni di persone.  Concezio Petrucci morì nel 1946 colpito accidentalmente da un sasso lanciato da un ponte del Lungotevere a Roma. La figlia Flaminia Petrucci, conosciuta la verità, percorrendo la via Pontina girava la faccia dall'altra parte quando arrivava all'altezza di Pomezia.

La Chiesa di San Benedetto - Fu scelto San Benedetto come santo della parrocchia di Pomezia per rendere omaggio al duce: "Benedetto" era come dire "Benito". La Chiesa è di grandi dimensioni e può contenere fino a mille persone. All'interno è composta da un unica navata, nella cui abside è presente un quandro che rappresenta San Benedetto. La facciata esterna della chiesa è realizzata da venti piccoli archi con vetrate e la porta d'ingresso è sormontata da una scultura che raffigura la vita del Santo - patrono della Città.


Ammirando la Chiesa da davanti, sulla sua sinistra si eirge Il Municipio chiamato in epoca fascista la Casa Comunale. Rilevante, riguardo all'attuale comune, è lo stemma scolpito sopra la porta di ingresso principale. E' stato realizzato in marmo e rappresenta il busto di una donna tra due acquile su una scudo coronato. Da approfonditi studi si è compreso che il volto della figura femminile, realizzata con un cesto di frutta sopra il capo, sia la Dea Pomona. Questa immagine fu scelta dall Opera Nazionale Combattenti come simbolo della Città di Pomezia ispirandosi al mito latino della Dea.



Il Mito di Pomona e Vertumno, da cui deriva poi il nome di Pomezia, è raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi (Libro XIV, 623,771). Ovidio descrive la Dea come amante della campagna e delle coltivazioni, che invece di avere il classico giavellotto, brandisse un falcetto per essere sempre pronta a spuntare qualche ramo o sfoltire i ciuffi d'erba. La sua devozione andava tutta ai lavori agresti e non pensava all'amore. Era però corteggiata da molti uomini tanto che era costretta a recintare le sue coltivazioni per impedire l'accesso ai maschi troppo focosi. Chi la desiderava di più era il Dio Vertumno, il quale decise di travestirsi da signora anziana cosi da riuscire ad entrare nel giardino proibito. La camuffata vecchietta dopo aver raccontato alla Dea la storia di Anassàrete, che rifiutò l'amore e si trasformò in una statua di pietra, cercò di convincere Pomona che il suo destino era l'unione con un Dio fedele, giovane e bello come Vertumno appunto. Ma queste parole risultarono vane, cosi il Dio fu costretto a smascherarsi per apprestarsi a prenderla con forza, ma Pomona ammirandolo in tutto il suo splendore, ne rimase sedotta e anche lei fu vinta dall'Amore... Spesso i fatti contano mille volte di piu delle parole.

Collegando il Mito a Pomezia, immagino sia stato scelto come "augurio di buon auspicio" alla fiorente Città realizzata, in quanto la Dea rappresenta la dedizione al lavoro, la protezione e la ricchezza delle natura.


Di fronte la Torre, troviamo l'attuale sede della Caserma dei Vigili di Pomezia - l'ex Casa del fascio. In epoca Mussoliniana tale palazzo racchiudeva saloni per le riunioni e gli uffici delle organizzazioni fasciste. Anche per questa struttura, interessante è il portone d'ingresso contornato da 2 colonne avvolte da fasci - i Fasci Littori - ovvero un marchio da collocare su ogni opera del regime fascista, una sorta di culto che veniva imposto dal Reich.  Sopra tale entrata è presente uno stemma che indica l'anno fascista della fondazione di Pomezia: A. XVII E.F. Cusrioso è stato scoprire che per i Latini il numero 17 era associato ad un presagio di morte perchè con le stesse lettere si poteva scrivere la parola VIXI cioè "vissi", "sono morto"...



Personalmente la parte della Pomezia che io definisco moderna, ovvero tutto cio che oggi si erige intorno P.zza Indipendenza, non la riesco a sentire la mia città. A me piace piu ricordare Pomezia attraverso il mito dell'Eneide, della Dea Pomona, di tutto ciò che gli attribuisce quella sfumatura quasi fiabesca che la rende diversa e particolare.

Per me la moderna Pomezia si è fermata alla Prima P.zza Indipendenza. Quella Piazza che non era pedonabile, dove tutti i ragazzi delle scuole alle 13.30 aspettavano l'autobus per tornare a casa. Dove non c'era la piscina oggi ricoperta di un curato giardino, ma la bellissima quercia che fungeva da rotatoria. Dalle elementari, passando per le medie, fino alle superiori, tutti ci incontravamo sotto gli archi ad aspettare chi il cotral, chi la lina 4 per tornare a casa.

In quella mezz'ora di attesa avevamo un'unica mamma - la Signora Tonina - padrona del chiosco che vendeva i biglietti. Lei col suo fare da romagnola DOC stava lì a controllare ognuno di noi... Era lei che veniva avvisata dal deposito se il vecchio auto non passava perchè guasto ed era sempre lei che prestava il telefono, mettendoci in fila indiana, per chiamare i genitori per farci venire a prendere. Mi ricordo ancora quando mia mamma passava a regalargli il caffè, ringraziandola per quello che faceva.


La mia Piazza


L'attuale Piazza


Ristoranti e Bar

C'è da dire che a Pomezia non manca la Buona Cucina. In linea di massima ogni ristorante della zona stupisce e aggrada ogni commensale che ci ha mangiato. Io avrei delle personali preferenze che ci tengo a condividere con voi e che cambiano a seconda del pasto che vogliamo fare:


- Colazione:

Pasticceria Varone, Via Roma 164 - gestita da una allegra signora di mezza età. Speciale è, a parer mio, la Danese alla mela con quella sua pasta sfoglia friabile e quell'accenno di crema all'interno che la rende paradisiaca. Non ci sono posti a sedere, a meno che non sia primavera o estate dove all'esterno mettono dei tavolini spesso però occupati.

Pasticceria Gms, Via filippo Re 6/E -  Pasticceria storica di pomezia (dal 1961) qui è da provare assolutamente il maritozzo con la panna che fanno espresso al momento... Non trattenetevi, chiedete una colata di nutella calda sopra a tale bontà, il responsabile del posto sarà ben lieto di accontentarvi. Golosi sono anche tutti i mignon che trovate esposti appena entrate. Uno in particolare è delizioso: la barchetta di pasta frolla con base interna alla nutella e sopra una spuma di mascarpone, credo... (la ricetta è sempre rimasta un mistero).




- Pranzo

Ristorante la Campagnola, L.go Mameli 20 -  Ristorante con tradizione pometina dal 1954, offre un vasto assortimento di primi piatti e secodi di carne o pesce alla brace. Cavallo di battaglia, a mio giudizio, è la carbonara di funghi porcini - un'emozione culinaria da lasciare senza fiato. La location è in uno stile tipico anni 70/80 - ma questo aspetto passa in secodo piano non appena si degusta uno dei loro gustosi preparati.



- Aperitivo:

75 ml, Via Ovidio 79 - uno dei locali più innovativi di Pomezia. La location è arredata con linee di minimal style design e trasferisce un'aria di raffinata informalità. E' un locale molto trasversale frequentato da almeno 4 fasce di età. Uno dei barmans - Simone -  è un eccellente professionista capace di rendere i suoi coktails delle esperienze di vita (il suo cavallo di battaglia il Mojito). Ricercato e succulento il loro aperitivo a buffet, con ingredienti sempre freschi e salutari. Ottima anche la cantina dei vini.



- Cena

Osteria - Pizzeria il Grillo Parlante, Via Ovidio 99 - Pizza tipicamente romana cotta al forno a legna, molto sottile ma dalle mille varianti. Personale molto accogliente e premuroso (sopratutto una ragazza con i capelli lunghissimi). Un locale tranquillo dove passare una piacevole serata in economia.

Manzo Criminale, Km 31200 Via Pontina - bisteccheria con ottima carne, in un ambiente moderno accogliente e famigliare. Prezzi modici alla portata di tutti.

La Villa di Venere, Lungo Mare delle Sirene 139 - Non proprio a Pomezia, ma molto vicino, troviamo in zona torvaianica questo splendido ristorante di pesce. Una porzione di paradiso in terra, contornato da gentilezza, ottimo cibo, cortesia, accoglienza e professionalità. Difficile scegliere il piatto migliore perchè ogni loro pietanza viene servita con amore, raffinatezza e charme. Adorabile la responsabile del luogo - Stefania - che si prende cura dei suoi ospiti come un'eccellente padrona di casa. Ben fornita è la cantina di vini - il mio preferito per eccellenza il "kikè". Un posto dove si assiste alla magia del cibo che diventa una corrispondenza di piacere tra occhi e palato. Il mio consiglio è di andarci in primavera inoltrata cosi da poter mangiare sulla veranda che hanno in riva al mare.




Così è Pomezia... Una cittadina di provincia con un volto che, durante l'anno, muta spesso e lo fa d'improvviso, rivelando quello che solo i pometini hanno sempre saputo: Pomezia non ha alcun bisogno di mascherare i suoi stati d'animo perchè, per essere se stessa, le bastano tutte le facce che ha già...


"BUON GIAGGIO"

Simo 


Una dedica speciale va a Mario Bianchi - Presidente della Pro Loco di Pomezia che, grazie alle sue ricerche e l'entusiasmo con le quali le ha condotte mi ha permesso di realizzare questo piccolo scritto, facendomi amare ancor di più la mia Città.